Mi è capitato, in questi giorni che hanno preceduto il Natale, di andare ad Acqui Terme, una bella cittadina termale in provincia di Alessandria. Questa città ha la fortuna di essere piuttosto distante dall'Outlet di Serravalle Scrivia, così da non essere stata “danneggiata” nel tessuto commerciale cittadino ed ha quindi mantenuto i suoi negozi e le antiche botteghe. E' piacevole fare una bella passeggiata per le sue vie. Passeggiando si arriva nella piazza principale dove c'è la famosa “Bollente”

La Bollente è un’elegante edicola-tempietto a forma ottagonale inaugurata nel 1879 nell’omonima piazza. Questa struttura di linguaggio eclettico mette in evidenza una fonte termale da cui sgorga acqua sulfureo-salso-bromo-iodica alla temperatura di 74,5°. Una leggenda locale riporta l’usanza della città di Acqui di immergere per pochi istanti i bambini appena nati nella fonte della Bollente: chi sopravvive, secondo il racconto popolare, è nominato “sgaiento”, cioè scottato. Conosciuta e utilizzata fin dall’epoca romana, la fonte della Bollente viene principalmente utilizzata negli stabilimenti di cura acquesi. Accanto alla Bollente si possono vedere anche la Torre civica realizzata nel 1763 sulle fondazioni di una porta dell´antica cinta muraria risalente all’epoca dei Comuni.

Tratto da www.beniculturali.it

La fontana della bollente di Acqui Terme oltre che essere, per la sua tipicità ed originalità una delle attrattive principali del luogo è soprattutto un po’ il simbolo della città in quanto emblema della sua antica storia come stazione termale.

Infatti era già molto nota in epoca romana e con la sua splendida piazza restaurata recentemente funziona anche suggestivo salotto all’aperto utilizzato spesso per spettacoli, eventi culturali di vario genere.

La Bollente” si presenta come una specie di basso tempio, a forma ottagonale, con al centro una sorgente di acqua salso-bromo- iodica che sgorga in modo naturale alla temperatura di ben 74°C con la notevole portata di 560 litri al minuto.

A sinistra del monumento progettato dall’architetto Giovanni Cerruti ed inaugurato il 16 Maggio 1879 si erge la Torre Civica dell’Orologio conosciuta come “torre priva di fondamenta” per il fatto che si sostiene appoggiandosi sulle case adiacenti. Sui fianchi di via Saracco che porta alla piazza si trovano i vecchi portici sotto i quali si possono vedere i resti di un pavimento a mosaico di epoca romana ritrovati durante gli scavi della fine del XIX secolo durante i quali furono anche ritrovati sulla piazza i resti di un antica piscina , di una vecchia fontana ed altri edifici di epoca romana e di epoca successiva tra cui anche un ospedale detto di sant’Antonio Abate “in balneas”.

Lacqua della fonte catalogata come salso- bromo- iodica è utilizzata soprattutto insieme ai fanghi negli stabilimenti di cura termali per le sue proprietà curative di malattie quali reumatismi ed artrosi e in tutte quelle legate al sistema respiratorio


Gli sgaientò

Questo termine in dialetto piemontese che tradotto in italiano letteralmente significa scottati”con cui amano riconoscersi i cittadini acquesi nasce da una singolare leggenda locale secondo la quale un tempo non molto lontano era usanza consolidata nella città di immergere, per pochi secondi, i bambini appena nati nella fonte della Bollente, un usanza sul modello spartano per testare e temprare la fibra dei neonati.

I sopravvissuti meritavano appunto l’appellativo di “sgaientò”(scottato) e il meritorio diritto di diventare” autentico” cittadino acquese. Probabilmente dietro alla leggenda potrebbe esserci stata l’idea di un “battesimo” parallelo a quello cristiano in cui i neonati venivano lavati in una bacinella d’acqua della fonte opportunamente raffreddata. Il termine ha la prerogativa di definire un lavoro ed un attività unica nel suo genere in quanto solo la presenza della fonte di acqua caldissima ne poteva permettere l’esercizio. Il nome deriva dal termine “brenta” un contenitore in lamiera zincata (a differenza di quella di legno usata nelle cantine per il vino) che poteva contenere 50 litri d’acqua ed è traducibile in italiano con “il portatore della brenta”.

L’attività del “brentau” era infatti quella di portare con la “brenta” in spalla nelle case in cui ovviamente non esistevano ancora boiler od impianti di riscaldamento la preziosa acqua calda che sgorgava dalla fontana, un lavoro che era insieme fonte di reddito e gradito servizio al cittadino. Per garantire la consegna del giusto quantitativo d’acqua la brenta che aveva la forma un po’ di un cono rovesciato aveva sulla sua sommità la “broca” cioè un chiodo ben visibile che il livello del contenuto d’acqua doveva raggiungere per garantire gli stabiliti 50 litri d’acqua.

Le brente oramai sono solo oggetti d’antiquariato ma quelle meglio conservate tornano alla loro antica funzione una volta all’anno, nel mese di settembre, in occasione del “Palio del Brentau”, singolarissima gara che vede appunto i concorrenti cimentarsi nel trasporto dell’acqua e che premia il maggior quantitativo portato in relazione al tempo impiegato. I brentau erano, all’epoca, ovviamente molto conosciuti, venivano chiamati per nome e spesso con un soprannome come l’ultimo dei “brentau” di Acqui chiamato “Caudren”, gli acquesi più anziani ricordano anche una “donna brentau” che si chiamava Luisa ancora oggi presente sulle vecchie cartoline della città.

Quando si è nella piazza, nei pressi della fontana, con un po’ di fantasia ed un minimo di concentrazione è possibile ancora oggi immaginarli e quasi vederli con le loro brente stazionare nei pressi della bollente in attesa di nuove ordinazioni

tratto da www.dormireinpiemonte.com

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