Sant’Antonio Abate nacque in Egitto. Figlio di genitori benestanti, avrebbe potuto benissimo condurre una vita comoda e arricchirsi ulteriormente; scelse invece la via della preghiera, povertà e castità. Passò gran parte della vita in solitudine, e solo successivamente divenne il centro di piccole comunità di discepoli. Dopo la sua morte, quanti avevano seguito i suoi insegnamenti furono considerati i fondatori dell’ordine ospedaliero degli Antoniani.

Qual è, allora, il suo legame con gli animali? Perché viene oggi raffigurato attorniato da animali? E perché, quindi, è stato “designato” come santo protettore degli animali domestici?

Sant’Antonio Abate ha ereditato proprio dai suoi successori, gli Antoniani, questa caratterizzazione. Pare infatti che gli Antoniani allevassero maiali per utilizzarne il grasso nella cura del male noto come ergotismo o fuoco di Sant’Antonio. Secondo una leggenda, Sant’Antonio si recò all’inferno, per strappare al Diavolo l’anima di alcuni morti. Mentre il suo maialino creava scompiglio fra i demoni, lui accese col fuoco infernale il suo bastone e lasciò l’inferno assieme al suo maialino: così, donò il fuoco all’umanità.

L’altro animale a lui legato più strettamente è il cinghiale, credenza forse dovuta al fatto che il suo “predecessore” è Lug, divinità celtica della rinascita e garante di nuova vita a cui, forse non per caso, erano consacrati cinghiali e maiali.

Da patrono dei maiali, il passo che portò i suoi fedeli a considerarlo patrono di tutti gli animali domestici e della stalla fu breve. Ecco quindi come è nata la figura di Sant’Antonio Abate, protettore degli animali domestici.

Potrà forse apparire strano accomunare animali da stalla e domestici, dato che oggi la stalla è una realtà in declino e viviamo in un mondo di allevamenti intensivi; bisogna però ricordare che un tempo le stalle erano l’unico luogo in cui una famiglia potesse ospitare animali forieri di latte o uova. Nella stalla non era raro incontrare anche i cani o gatti adottati, considerati oggi appunto animali da compagnia. Del resto, tra la stalla e l’area “casalinga”, in cui soggiornavano già allora la famiglia e talvolta il cane e il gatto, non c’era una divisione tanto marcata.

Il culto di Sant’Antonio Abate, protettore degli animali domestici, prese tanto piede che già nel Medioevo venne inaugurata la benedizione degli animali. Un atto che ancora oggi viene praticato in alcune zone d’Italia.

Non solo! Secondo la tradizione e sulla base di antiche leggende, durante la notte del 17 gennaio agli animali è data la facoltà di parlare. Secoli fa, durante la notte degli animali parlanti, i contadini si tenevano lontani dalle stalle, in quanto udire gli animali conversare era considerato cattivo auspicio.

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