Storie di Territori ha chiesto al Distretto del Novese quali sono i 10 posti assolutamente da visitare nel 2021.

La risposta è prontamente arrivata ed ecco l’elenco:

La pinacoteca di Voltaggio: una collezione di primissimo piano, composta da dipinti di arte sacra custodite nella Chiesa e nel Convento Cappuccino di Voltaggio al confine tra Liguria e Piemonte. Opere che vanno dal XV al XVIII secolo di autori liguri, piemontesi e lombardi quali Luca Cambiaso, Domenico Fiasella, Sinibaldo Scorza, Bernardo Strozzi, Agostino Bombelli, Paolo Pagani.

Chiesa di Santa Croce a Bosco Marengo: la Chiesa di Santa Croce a Bosco Marengo, in provincia di Alessandria, costituisce uno degli esempi più significativi di architettura del secondo Cinquecento italiano. Al progetto che fa di questo luogo una singolare isola di cultura tosco-romana nel cuore dell’Italia del nord, contribuisce Giorgio Vasari, pittore, scultore, architetto e trattatista italiano (autore di una spettacolare macchina d’altare, poi smembrata). L’insieme architettonico è voluto da Papa Pio V, nativo di Bosco Marengo, che nell’anno in cui viene eletto papa delibera la costruzione di un grande convento e della chiesa che avrebbe dovuto accogliere le sue spoglie (in realtà il corpo è a Santa Maria Maggiore a Roma). Il convento e la chiesa sono stati progettati dall’architetto perugino padre Ignazio Danti affiancato da Giacomo della Porta e da Martino Longhi (cantiere dal 1566 al 1572, poi ripreso vent’anni dopo, riaperto ancora nel Settecento). La Chiesa di Santa Croce è a navata unica con volta a botte e serie di cinque cappelle intercomunicanti per lato, corrispondenti ad altrettanti altari; presenta una facciata di marmo e pietra e fiancate in mattone. All’interno si possono ammirare alcune tavole del Vasari e il mausoleo di San Pio V realizzato in marmo verde e porfido nero. L’altare maggiore, in marmi vari, è opera di Gaetano Quadri (1710) e il coro ligneo, risalente agli anni settanta del Cinquecento è attribuibile ad Angelo Siciliano e Giovanni Gargioli. Numerose le tele vasariane, derivanti in buona parte dallo smontaggio dell’altare ligneo originale, nel 1710, per sostituirlo con quello marmoreo.

Oratorio della Maddalena a Novi Ligure: la Basilica della Maddalena in Novi Ligure venne edificata tra il XV ed il XVI scolo, per volontà della Compagnia dei Disciplinati della Maddalena, ristrutturatasi agli inizi del ‘600 nella Confraternita di Santa Maria Maddalena e del Santissimo Crocefisso.
La facciata della chiesa è piuttosto semplice, soprattutto se paragonata al suo ricco interno, unico motivo decorativo due lesene, che inquadrano la parte centrale coronata da un frontone triangolare. Sopra l’ingresso principale è murata un’epigrafe, che ricorda le indulgenze lateranensi estese da Clemente XII, nel 1732, all’oratorio della Maddalena, in quanto membro della “sacrosanta Basilica Lateranense, Madre di tutte le Chiese”.
Nella nicchia sopra il portale è posta una statua in marmo della Maddalena che, secondo i dettami dell’iconografia classica, è rappresentata con il Libro nella mano sinistra ed il vaso degli unguenti nella mano destra.
Internamente la chiesa ha un impianto allungato, ad aula unica, terminante con un coro, non particolarmente ampio, separato dalla navata da una struttura a tre archi, quelli laterali disposti obliquamente, quello mediano, più alto, fa da cornice all’altare maggiore ed ospita il gruppo fittile del Compianto. Nella parte superiore si colloca l’altare della Natività ed il grandioso complesso ligneo del Calvario. Realizzato da artisti fiamminghi verso la fine del Cinquecento, il gruppo scultoreo comprende 21 figure umane e due cavalli a grandezza naturale. Sullo sfondo un grande affresco rappresenta l´Empireo con Dio, gli angeli e i santi che accolgono Gesù alla fine dei tormenti.
Nella navata due cappelle, di costruzione settecentesca, si aprono ai lati dell’area presbiteriale. Le pareti dell’aula sono scandite da paraste ioniche, leggermente aggettanti, con membrature in stucco, sormontate da una trabeazione continua sopra la quale si imposta una volta a botte ribassata e periodicamente tagliata da unghie triangolari. All’interno della chiesa è visibile un plastico di Novi Ligure nel 1750, quando ancora erano presenti le mura e i quattro punti d’accesso.

Il forte di Gavi: si tratta di una fortezza storica di tipo difensivo costruita dai genovesi su un preesistente castello di origine medioevale di cui si hanno notizie certa a partire dal XII secolo. Il carattere vero e proprio di fortezza fu raggiunto grazie all’intervento dell’ingegnere militare Vincenzo Maculano detto il Fiurenzuolo, che nel 1625, fu incaricato dalla Repubblica di Genova di studiare il progetto per accrescerne la sicurezza e la potenza bellica. L’attuale configurazione è quella di poligono stellare, caratterizzato da sei bastioni che si protendono ad angoli acuti uniti tra loro da cortine. All’interno del poligono si possono individuare due zone: il maschio o alto forte che racchiude il nucleo originale e la Cittadella o basso forte, costituita dai fabbricati posteriori.  Durante i due conflitti mondiali del Novecento, il forte fu adibito ad ospitare i prigionieri di guerra. La fortezza è visitabile nei vari ambienti principali che la compongono: i cortili interno ed esterno, le torrette di guardia, le celle adibite a prigione, i magazzini che servivano per conservare le provviste, gli ingressi al forte dotati di ponti levatoi difensivi. Sale didattiche in cui sono esposti reperti bellici e una sezione di dettagliate tavole descrittive e storiche completano il percorso museale. 

Libarna: essa fu una città preromana e romana del Piemonte, sulla riva sinistra dello Scrivia, sul tratto della via Postumia tra Genua e Dertona, presso l’odierna Serravalle Scrivia. Oggi il vicino centro abitato è una frazione di Serravalle Scrivia. Libarna era un capoluogo autonomo di un vasto territorio che confinava a est con Velleia, a sud con Genua, a ovest con Aquae Statiellae e a nord con Derthona. I manoscritti presentano diverse variazioni del nome, con Libarium, Libarnum, Lavarie e Levarnis, mentre il termine Libarna sarebbe preromano cioè ligure. 
Il termine Libarna viene posto in relazione con i Liguri, per il radicale Lib derivato dal popolo dei Libui, anticamente stanziato nelle zone di Brescia e di Verona. Oppure il nome della città potrebbe alludere al termine “pianura”, dove appunto sorse il villaggio originario. Il villaggio si sviluppò quando un importante emporio etrusco di Genova agli inizi del VI sec. a.c. diede luogo a una via commerciale verso la pianura padana e le aree transalpine. A vedetta del percorso, sorse su una collina un villaggio di Liguri, abitato ancora nel III-II sec. a.c., con area cimiteriale lungo il rio della Pieve. L’area archeologica visibile oggi rappresenta una piccola parte dell’antica città, che occupava una superficie molto maggiore.

I laghi della Lavagnina: il Sentiero Naturalistico dei Laghi di Lavagnina (SNL) ripercorre a tratti il confine settentrionale del Parco Naturale delle Capanne di Marcarolo, inoltrandosi in una valle di notevole valore paesaggistico e di particolare interesse geologico e botanico (indicati da segnavia arancioni con sigla SNL e numeri progressivi). Partendo dalla diga del lago Inferiore (350 mt. s.l.m.) il sentiero si snoda per circa 3 km su un facile tracciato pedonale pressoché pianeggiante, caratterizzato da un minimo dislivello nel tratto terminale.
Il panorama è stupendo in qualsiasi stagione, ma soprattutto d’estate col caldo torrido e profumato che sale dalle rocce metallifere e l’assordante frinire ipnotico delle cicale.
Arrivati al lago Superiore (in 35 – 40 minuti), interrato, assisterete allo spettacolo della diga trasformata in cascata.In tutta la zona  a monte potrete fare il bagno (assolutamente proibito nel lago Inferiore per la possibilità concreta della formazione di mulinelli) e pic nic in famiglia circondati da una cornice incantevole con il monte Tobbio (1092 mt. s.l.m.) sullo sfondo, ma senza accendere fuochi…. I Laghi della Lavagnina fanno parte del Parco Naturale delle Capanne di Marcarolo.

Le strette in Val Borbera oppure “Le Strette di Pertuso”: confine naturale tra i comuni di Borghetto di Borbera e Cantalupo Ligure, le Strette del Borbera percorrono 4 Km tra Persi (frazione di Borghetto) e Pertuso (frazione di Cantalupo).
La sua origine risale all’Oligocene (37-26 milioni di anni fa). A causa della sua conformità territoriale viene chiamato canyon: profondo all’incirca un centinaio di metri e largo dieci viene percorso dal torrente Borbera per tutta la sua lunghezza.
Il territorio circostante è impervio e scosceso e la vegetazione è completamente assente nel tratto finale, mentre lascia spazio, nel tratto iniziale, a boschi di alto fusto (castagni e roveri).
Lungo la SP 140 sulla destra del greto del fiume numerosi sono i sentieri di accesso.
Per dominare comodamente l’intera zona dall’alto occorre salire nell’unico paese abitato, Monteggio, che si può raggiungere grazie alla strada che parte da Cerreto Ratti sulla sponda sinistra del fiume.
Chi invece desidera restare a contatto con la natura, può percorrere i sentieri che lo porteranno negli unici due paesi abbandonati delle Strette: Rivarossa ed Avi.
Anche se l’ambiente roccioso delle Strette è ostile alla vegetazione, i numerosi boschi e prati nella parte inferiore del comune accolgono svariate specie di alberi e fiori: pioppi, salici, ontani, olmi, roveri, castagni, carpini, aceri, ornelli, ontani neri, noccioli, faggi a quote molto basse, gelso e gran quantità di robinia. I prati accolgono fiori di diversi tipi: rosa canina a basse quote, erica, ginestra dei carbonai e il biancospino.

Il geosito di Carrosio: esso rientra nella categoria GSSP (Global Stratigraphic Section and Point), i quali rappresentano punti di riferimento mondiali nella ricostruzione delle varie fasi della storia della Terra (evoluzione delle forme di vita, clima, disposizioni del continenti, etc). La Commissione Internazionale di Stratigrafia, l’ente incaricato della loro ricerca, ne ha certificato circa 70 in tutto il Mondo, di cui 9 in Italia. Il geosito di Carrosio è stato datato a 23 milioni di anni fa. Si tratta di un affioramento roccioso che permette di individuare, in base al suo contenuto di fossili, minerali e orientazione del campo magnetico, il limite fra due piani della scala cronostratigrafica standard globale. Più nel dettaglio, il geosito di Carrosio indica il limite tra due periodi geologici, il Paleogene e il Neogene, e due epoche, l’Oligocene e il Miocene. Il sito è stato studiato a lungo e nel 1996 è stato formalizzato dalla Commissione Internazionale per la Stratigrafia (ICS) dell’Unione Internazionale delle Scienze Geologiche (IUGS). Il geosito è meta di numerosi appassionati di geologia in quanto la sezione è priva di evidenti disturbi tettonici, ha una buona esposizione ed è facilmente accessibile dai visitatori.

Castellania e il ciclismo epico: Comune della collina a sud-est di Tortona esteso in gran parte tra il versante destro del rio Castellania e il versante sinistro del tratto alto dell’Ossona sul cui spartiacque si trova la località di Sant’Alosio dalle caratteristiche torri con una veduta estesissima.
Il comune, sia per le bellezze del paesaggio sia per il richiamo del nome di Fausto Coppi, ha avuto negli anni ’90 una valorizzazione turistica incentivata anche dall’apporto dell’assessorato al turismo della provincia di Alessandria. Per le vie del paese spiccano suggestive gigantografie che ritraggono momenti di sport e di vita del grande corridore ciclista Fausto Coppi.
È stato inoltre creato il centro di documentazione su Fausto Coppi ed aperta al pubblico la casa natale del Campionissimo. Nel centenario della nascita del grande atleta, in ricordo suo e del fratello Serse e per i profondi legami del paese con la famiglia Coppi, il 25 marzo 2019 il Consiglio regionale del Piemonte, approvando la proposta della Giunta regionale, ha aggiunto Coppi al nome Castellania.

Infine, un tour tra le vigne e gli alberi monumentali sul territorio del novese.

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