Guarda una stella cadente, esprimi un desiderio. Così ci dicevano da bambini. Che ci si creda o no, la notte di San Lorenzo non perde mai il suo antico fascino. Vengono comunemente indicate come “Lacrime di San Lorenzo” perché nel XIX secolo il massimo della loro frequenza avveniva il 10 agosto, giorno in cui viene ricordato il santo. La tradizione vuole che le meteore siano che lacrime versate durante il suo supplizio e che vagano nei cieli, scendono sulla terra nel giorno in cui il santo morì. Ma c’è anche un’altra storia che racconta che queste stelle cadenti siano i fuochi su cui arse vivo il Santo.

Secondo una credenza ancora molto diffusa si ritiene che un desiderio espresso nel momento in cui si vede nel cielo una stella cadente possa essere esaudito nel più breve tempo possibile.

Mi piacerebbe leggere sul sito https://www.distrettonovese.it/ quale posizione migliore dove poterle vedere a cielo aperto. Chissà!

Le Perseidi – questo il vero nome delle tradizionali stelle cadenti estive – si possono osservare quest’anno nella massima visibilità tra l’11 e il 13 agosto. Un momento in cui sono protagoniste è anche l’8 agosto, con il novilunio non ci sarà la luce della luna a “coprire” lo spettacolo.

La “pioggia di stelle”, una volta identificata solo nella notte di San Lorenzo, ovvero il 10 agosto, si verifica in realtà in un periodo più ampio e non sempre coincidente con quella data, anzi, negli anni le giornate migliori per osservare il fenomeno si sono spostate in avanti.

Cosa sono le Perseidi

Le Perseidi sono uno sciame meteorico che la Terra attraversa generalmente nel mese di agosto. Il nome deriva dal punto da cui sembrano provenire dalla prospettiva terrestre, appena al di sopra della costellazione di Perseo: la pioggia di meteoriti si verifica ogni anno, ma il giorno non è sempre lo stesso, anche se viene tradizionalmente accomunata al 10, giorno di San Lorenzo.

Chi era San Lorenzo

San Lorenzo, vissuto nel III secolo dopo Cristo a Roma, è noto soprattutto per la sua morte: perseguitato in quanto cristiano, venne barbaramente ucciso, e le stelle cadenti sono chiamate anche “Lacrime di San Lorenzo” proprio per ricordare la sua sofferenza. Secondo la leggenda continua, se ci si sofferma a guardare le sue “lacrime” condividendo il suo dolore, i desideri vengono esauriti.

Ho chiesto ad una validissima collaboratrice, Venedetta De Vito, di svrivere qualcosa di suo da dedicare a questi giorni – anzi, queste notti – cosi…stellari

San Lorenzo

di Benedetta De Vito

In un bel sacchetto colorato, cucito da me con stoffe fiorite, metterò tutta quanta sana la mia notte di San Lorenzo e, fatto il pacchetto regalo, con su un bel nastro rosa, lo invierò a tutti voi, lettori (e anche a mia mamma che mi aspetta per un caffè) per tramite del sito, condito dalla bellezza piemontese, di Giampaolo Pepe “Storie di Territori”. E ora presto, andiamo a cominciare. San Lorenzo era, per tutti- grandi, medi e piccolini – stare a naso in su sotto il tabarro scuro del cielo trapunto di stelle in pianto e ogni stella che si sbottonava, nella piccola scia di luce che ora c’è, ora scompare, un piccolo desiderio, un sospiro, la speranza. San Lorenzo era, ed è ancora, la notte magica delle stelle cadenti che regalano all’umanità sofferente l’illusione di esser più vicina al firmamento, che è il piano di sotto nelle dimore lucenti del Creatore. San Lorenzo, notte di silenzio e di sogni. San Lorenzo, notte di poesia. Chiudo gli occhi e sono piccola piccola, di pochi anni verdi, e sono al mare, nella mia Sardegna. Sul retrospiaggia, incorniciato da pietre grandi, arde un falò e noi, lì tutt’intorno a cucinar salsicce e patate incartate d’alluminio. Ci sono i vicini di casa, alcuni sono amici altri no, ma non importa, sotto il cielo di San Lorenzo, siamo tutti fratelli. E ogni stella cadente, per noi bambini, che siamo già in pigiama, è un tripudio, una gioia, un grido: “L’hai vista, l’hai vista?” “Sì, sì, sì”. Una vocina bionda pigola “Anche io, anche io l’ho vista, l’ho vista!”. E ci dimenticavamo, in un mazzo, nell’infanzia dorata, senza desideri, di esprimere un desiderio…

San Lorenzo è notte di Giovanni Pascoli, sì, un poeta, un grande poeta, che oggi è dimenticato e male perché i poeti – e soprattutto oggi che la poesia pare volata via da un finestrino aperto dal male – non dovrebbero mai essere dimenticati. Sua la poesia “X agosto” che imparavamo a memoria a scuola e che raccontava di come il papà del poeta fosse stato ucciso proprio il dieci agosto, sotto un manto di stelle cadenti che erano il pianto del cielo per le nequizie degli uomini. E il grido finale, attuale come fresco e vivo è sempre un vero poeta, grida allora e anche adesso e invita alla conversione:

E tu, Cielo, dall’alto dei mondi

sereni, infinito, immortale,

oh!, d’un pianto di stelle lo innondi

quest’atomo opaco del Male!

Nel mio bel sacchetto metterò per ultimo, ma non nella linea del cuore, il Santo giovane, vivo, palpitante, fresco che regala il suo nome, di fronde di lauro, al giorno bello che, nel morire, ci dona la sua notturna doccia stellata. San Lorenzo, diacono, vissuto nel Terzo secolo, ma nato in Spagna, fu amatissimo nell’Urbe Eterna, dove viveva al servizio di tutti, della Santa parola che salva e della Santissima Trinità. E ora seguitemi in due delle tante chiese romane a lui intitolate. Entrate con me a San Lorenzo in Fonte, su Via Urbana, una chiesiolina, incastonata tra i palazzi della via, come fosse la Casa del Signore tra le case degli uomini. Una statua alta, ammantata di rosso perché rosso fu il suo martirio di sangue, ci dà il benvenuto: è San Lorenzo, biondo, bello, un sole luminoso. La chiesina era, nella suburra dei tempi di Lorenzo, la piccola domus del centurione Ippolito, che arrestò il Santo, incarcerandolo nelle antiche terme sottostanti. In quella fonte che sgorgava pura e limpida dalle viscere della terra, Lorenzo battezzò Ippolito, convertendolo…

Ora entriamo, in silenzio, nella stupenda basilica di San Lorenzo in Lucina, nell’omonima piazza a un tiro di sasso da via del Corso. Il fiato si mozza per la ieratica bellezza che vi traspare nell’oro che la colora. Qui, in un prezioso reliquario, riposano le spoglie del Santo, che fu bruciato vivo su una graticola, al Foro romano per volontà dell’imperatore Valeriano. Che strano: Di Valeriano nessuno si ricorda, San Lorenzo, invece, è vivo e, per me, ancora giovinetto, nutrito come è nella Parola che salva, e ardente nella Comunione dei Santi. E di lui resta anche la mordace battuta che, secondo Sant’Ambrogio, avrebbe rivolto ai suoi aguzzini: “Questa parte è cotta, disse, volta e mangia”. Così con la sua forza d’animo vinceva l’ardore del fuoco», conclude il vescovo di Milano che però, per chi non lo sapesse, era nato a Treviri in Germania, aveva un fratello gemello, santo lui pure, ed era anche assai ghiotto di funghi…

Chiudo il sacchetto, faccio un fiocchetto generoso e con una riverenza, nel bel mattino giocondo che, nonostante tutto, sorge, mi congedo.

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